•   07 Feb 2025 16:40 - Evento sismico, ML 4.8, alle Isole Eolie (Messina), 7 febbraio 2025

    Un terremoto di magnitudo Richter ML 4.8 è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale alle ore 16:19 italiane del 07-02-2025 nel Mar Tirreno meridionale in prossimità delle Isole Eolie (Messina), ad una profondità di 17 km.

    L’epicentro del terremoto è stato individuato a circa 50 km dalla costa della Sicilia settentrionale, tra le Isole di Alicudi e Filicudi.

    La scossa è stata seguita da altre 4 di magnitudo inferiore, compresa tra 2.5 e 3.4 (aggiornamento ore 17:30).  

    La zona interessata dalla sequenza sismica in corso appartiene a una più ampia fascia di deformazione ben nota per la sismicità precedente. Si tratta di una fascia orientata in senso circa est-ovest che corre parallelamente alla costa settentrionale siciliana (30-50 km a nord di essa) che in passato ha avuto terremoti di magnitudo fino a circa 6, tra i quali ricordiamo quello al largo di Palermo nel settembre 2002

    Secondo il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI15 v. 4.0, quest’area dell’Arcipelago Eoliano è stata colpita storicamente da diversi eventi sismici, molti dei quali di magnitudo pari o superiore a magnitudo 5: in particolare i terremoti del 28 maggio 1980 (Mw 5.7)5 marzo 1823 (Mw 5.8), 27 gennaio 1939 (Mw 5.1) che provocò danni pari aun VII grado MCS all’Isola di Filicudi.   

    Se si guarda la sismicità più recente dal 1985 in poi, l’area è stata interessata da una attività sismica molto frequente con alcune sequenze come quella del 2021 (magnitudo massima Mw 4.2) e del 2023  (magnitudo massima ML 4.1) a nord ovest dell’area epicentrale odierna. 

    La mappa di scuotimento sismico (SHAKEMAP) dell’evento principale, calcolata dai dati delle reti sismiche e accelerometriche INGV e DPC, mostra dei livelli di scuotimento stimato fino quasi al IV-V grado MCS. 

    L’evento sismico è stato risentito in tutto l’arcipelago delle Isole Eolie ma anche lungo la costa settentrionale della Sicilia, in Sicilia orientale e in Calabria meridionale. Questi risentimenti sono confermati dalla mappa dei risentimenti macrosismici ricavate dai questionari inviati al sito www.hsit.it che è in continuo aggiornamento.


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  •   05 Feb 2025 19:12 - I terremoti a Santorini, Isole Cicladi, Grecia, febbraio 2025 

    Da fine gennaio, un’intensa attività sismica ha interessato le Isole Cicladi, nell’area compresa tra le isole greche di Santorini e Amorgos. Lo sciame è iniziato il 27 gennaio con eventi di magnitudo inferiore a 3 e dal 29 gennaio la magnitudo delle scosse è aumentata, fino a raggiungere il valore massimo Mw 5.2 il 4 febbraio (Figura 1), con numerosi eventi avvertiti nelle isole circostanti e nella città di Atene e a Creta. Alla data di oggi, 5 febbraio 2025 (ore 14), sono stati registrati 1028 terremoti con magnitudo maggiore di 2, di questi 90 hanno magnitudo compresa tra 4.0 e 4.9 e 3 pari o superiore a 5.0; la profondità massima è 35 km e la minima di 2 km: la maggior parte dei terremoti ha una profondità che si attesta sui 10 km.

    Figura 1: Mappa della sismicità strumentale dell’area di interesse. La stella indica la localizzazione del terremoto del 5 febbraio 2025, alle 17:47:29 UTC. In arancione sono mostrati i terremoti avvenuti dal 01/01/1023, in blu invece la sismicità strumentale a partire dal 2007. La magnitudo minima mostrata è 3.5. La dimensione dei pallini scala con la magnitudo. I dati sono forniti da EMSC-CSEM.

    L’evoluzione temporale della sequenza è rappresentata in figura 2 attraverso la magnitudo dei terremoti (pannello superiore) e il momento sismico cumulato (pannello inferiore). Quest’ultimo fornisce un’indicazione dell’energia liberata dalla sequenza. Il pannello superiore della figura mostra l’aumento della magnitudo dei terremoti osservato a partire dal 1 febbraio 2025, giorno con massima magnitudo registrata pari a 4, mentre a fine gennaio le magnitudo degli eventi localizzati sono risultate inferiori a 3. L’energia rilasciata dallo sciame evidenzia un aumento significativo del numero di terremoti e della loro magnitudo a partire dell’occorrenza del primo evento con magnitudo 5, avvenuto il 3 febbraio 2025.

    Figura 2: Pannello Superiore: Evoluzione temporale della sismicità in funzione della magnitudo. Pannello Inferiore: Momento sismico cumulato in funzione del tempo. I dati sono forniti da EMSC-CSEM e aggiornati al 5/02/2025 ore 14.

    L’area interessata è una delle più attive sismicamente della regione dell’arco vulcanico ellenico. Gli eventi attuali avvengono lungo la zona di faglia Santorini-Amorgos, nota per la sua capacità di generare terremoti di magnitudo elevata. Il terremoto più distruttivo registrato nella zona si è verificato il 9 luglio 1956 con magnitudo Mw 7.1, seguito da un forte aftershock di magnitudo Mw 6.9, causando danni diffusi e un violento tsunami (Figura 3).

    Figura 3: Mappa della sismicità storica dell’area di interesse. La stella indica la localizzazione del terremoto del 5 febbraio 2025, alle 17:47:29 UTC. La figura mostra i terremoti avvenuti nel passato (Stucchi, M., Rovida, A., G\u00f3mez Capera, A. A., Alexandre, P., Camelbeeck, T., Demircioglu Tumsa, M. B., \u2026 Giardini, D. (2012). SHARE European Earthquake Catalogue (SHEEC) 1000-1899 (Version 1.0) [Data set]. Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). https://doi.org/10.6092/INGV.IT-SHARE-SHEEC.1000-1899). La dimensione e il colore dei quadrati sono proporzionali alla magnitudo del terremoto. La figura mostra in rosso e arancione i 2 più forti terremoti avvenuti nell’area nel 1956.

    Recenti studi geologici (Leclerc et al., 2024) hanno evidenziato una faglia con una superficie esposta di recente alla base del fondale marino, compatibile con il sisma del 1956. Queste strutture tettoniche fanno parte di un sistema di faglie normali orientate nord-est/sud-ovest, responsabili della subsidenza e dell’estensione crostale nell’area (Figura 4). 
    Le analisi geofisiche indicano che tali faglie sono attive e capaci di generare forti terremoti, come dimostrato dagli eventi del 1956. Il loro comportamento è influenzato sia dalla tettonica estensionale sia dall’interazione con fluidi profondi, il che potrebbe spiegare la natura dello sciame sismico in corso (Andinisari et al. 2021). 


    L’evoluzione dello sciame sismico attuale è comunque incerta: l’aumento progressivo della magnitudo e il numero elevato di eventi sismici suggeriscono infatti la possibilità di un coinvolgimento di fluidi nella crosta, piuttosto che una tipica sequenza mainshockaftershock (scossa principale-scosse successive). In passato sono stati osservati nella regione sciami simili, alcuni dei quali si sono esauriti senza innescare eventi di maggiore magnitudo, mentre altri hanno preceduto terremoti più forti. 
    Oltre alla già citata sequenza del 1956, a inizio secolo sono stati registrati 2 eventi con magnitudo Mw 6, il 4 aprile 1911 e il 23 ottobre 1919 (Andinisari et al. 2021).

    Figura 4: Mappa delle faglie sismogenetiche dell’area di interesse. La stella indica la localizzazione del terremoto del 5 febbraio 2025, alle 17:47:29 UTC.

    La figura mostra la faglia di Amorgos responsabile dei forte terremoto del 1956.
    La deformazione tettonica dell’area è guidata dalla subduzione della placca del Mediterraneo orientale sotto la Grecia lungo la Fossa Ellenica (Figura 5).

    Figura 5: Contesto tettonico dell’area di studio: l’estrusione verso ovest dell’Anatolia (regione marrone chiaro) è il risultato della collisione Africa-Arabia-Eurasia, della subduzione ellenica e del rollback dell’arco ellenico (per maggiore dettaglio di veda https://ingvterremoti.com/2020/05/14/una-sorgente-sismogenetica-particolare-la-subduzione/). Il Mar Egeo (regione turchese) subisce una rapida estensione in direzione NW-SE, presumibilmente guidata da un arretramento della placca. L’arco vulcanico ellenico è evidenziato in viola. Le frecce nere rappresentano la velocità locale rispetto all’Eurasia. L’aumento della dimensione delle frecce da est a ovest riflette il documentato aumento di 20 mm annui delle velocità di superficie. Sono mostrati anche i contorni della zona di subduzione in incrementi di 20 km dal modello Slab2 (Hayes et al. 2018). I triangoli rossi sono vulcani del Global Volcanism Program, Smithsonian Institution (https://volcano.si.edu/). Le strutture principali sono indicate come  BZS, Bitlis-Zagros Suture; CAFZ, Central Anatolian Fault Zone; DSTF, Dead Sea Transform Fault; EAF, East Anatolian Fault; EFZ, Ezinepazarı Fault Zone; KTF, Kefalonia Transform Fault; MAF, Movri-Amaliada Fault; MOF, Malatya-Ovactık Fault; NAF, North Anatolian Fault; NAT, North Anatolian Trough; TIP, Turkish-Iranian Plateau (fonte: Figura 1 da Barbot e Weiss, 2021).

    Il rollback della placca in subduzione causa un’estensione crostale significativa, che viene accomodata principalmente nella regione di Santorini-Amorgos. I dati GPS indicano un tasso di estensione di circa 4 mm all’anno (Figura 6, Serpelloni et al., 2021).

    Figura 6: Campi di velocità verticali (A) e orizzontali (B) per il bacino del mediterraneo (Fonte Figura 8 da Serpelloni et al., 2021).

    Il modello di pericolosità sismica per la Grecia mostra una pericolosità alta su tutto il territorio nazionale (Figura 7). Quest’area è caratterizzata da una storia di eventi distruttivi e da un’elevata pericolosità sismica. La combinazione di tettonica attiva e presenza di faglie sottomarine implica un rischio significativo di terremoti di grande magnitudo, con potenziali impatti sulle comunità costiere e sulle infrastrutture locali. La possibilità di fenomeni secondari, come tsunami o instabilità del fondale marino con associate frane sottomarine come pure frane sismoindotte in superficie rappresentano un ulteriore elemento di vulnerabilità per la regione. Allo stato attuale, sono già state segnalate frane a Santorini che hanno necessitato l’intervento delle autorità di protezione civile.

    Figura 7: Modello di pericolosità sismica per la Grecia (Danciu et al., 2021). La mappa mostra la probabilità di eccedenza di accelerazione di picco per un periodo di ritorno di 475 anni su suolo rigido.

    L’attività sismica in corso si colloca in una vasta zona, a circa 20-40 km a nord-est del famoso vulcano Santorini, sito di diverse eruzioni storiche, tra cui la cataclismica “eruzione minoica” datata al 1610 a.C. circa, una delle più grandi eruzioni vulcaniche sulla Terra degli ultimi 10mila anni. 
    Le ultime eruzioni di Santorini, nel 1570-1573, 1707-1711, 1866-1870, 1925-1926, 1928, 1939-1941 e 1950, hanno formato nuove isole all’interno della caldera formatasi durante l’eruzione minoica, di cui quella più grande si chiama Nea Kameni (“la nuova bruciata”). Queste eruzioni sono state di carattere lievemente esplosivo, con emissione di lava molto viscosa, che ha formato duomi e colate poco estese. Nel 2011-2012, Santorini ha attraversato una fase di unrest, con aumento dell’attività sismica, deformazioni del suolo e cambiamenti nell’emissione di gas dalle fumarole di Nea Kameni (Papadimitriou et al., 2015).
    A circa 8 km a nord-est di Santorini si trova il vulcano sottomarino Kolumbo, caratterizzato da una caldera larga 1.5 km, e la cui cima si trova a 10 m sotto il livello del mare. Nel 1650, il Kolumbo ha prodotto un’eruzione esplosiva che ha formato una nuova isola, dalla quale diversi flussi piroclastici si sono espansi fino alla costa di Santorini. I flussi, probabilmente in associazione con uno tsunami, provocarono la morte di circa 70 persone (Kantner et al., 2014). Su questo vulcano, considerato potenzialmente molto pericoloso, è stato recentemente installato, con partecipazione dell’INGV,  l’osservatorio sottomarino SANTORY.

    A cura del team Aristotle (Licia Faenza, Alberto Michelini, Spina Cianetti, Ilaria Oliveti, Marco Olivieri, Carlo Giunchi, Giulia Sgattoni) e Boris Behncke, INGV-OE.


    Bibliografia
    Andinisari, R., Konstantinou, K.I. and Ranjan, P., 2021. Seismicity along the Santorini-Amorgos zone and its relationship with active tectonics and fluid distribution. Physics of the Earth and Planetary Interiors, 312, p.106660, https://doi.org/10.1016/j.pepi.2021.106660

    S Barbot, J R Weiss, Connecting subduction, extension and shear localization across the Aegean Sea and Anatolia, Geophysical Journal International, Volume 226, Issue 1, July 2021, Pages 422–445, https://doi.org/10.1093/gji/ggab078

    Danciu L., Nandan S., Reyes C., Basili R., Weatherill G., Beauval C., Rovida A., Vilanova S., Sesetyan K., Bard P Y., Cotton F., Wiemer S., Giardini D. (2021) – The 2020 update of the European Seismic Hazard Model: Model Overview. EFEHR Technical Report 001, v1.0.0, https://doi.org/10.12686/a15

    Hayes G.P., Moore G.L., Portner D.E., Hearne M., Flamme H., Furtney M., Smoczyk G.M., 2018. Slab2, a comprehensive subduction zone geometry model, Science, 362(6410), 5861. 10.1126/science.aat4723

    Kantner, K, Carey, S., Nomikou, P., 2014. Integrated volcanologic and petrologic analysis of the 1650 AD eruption of Kolumbo submarine volcano, Greece. Journal of Volcanology and Geothermal Research, 269, 28-43. https://doi.org/10.1016/j.jvolgeores.2013.10.004

    Leclerc, F., Palagonia, S., Feuillet, N., Nomikou, P., Lampridou, D., Barrière, P., Dano, A., Ochoa, E., Gracias, N. and Escartin, J., 2024. Large seafloor rupture caused by the 1956 Amorgos tsunamigenic earthquake, Greece. Communications Earth & Environment, 5(1), p.663, https://doi.org/10.1038/s43247-024-01839-0

    Papadimitriou, P., Kapetanidis, V., Karakonstantis, A., Kaviris, G., Voulgaris, N., Makropoulos, K., 2015. The Santorini Volcanic Complex: A detailed multi-parameter seismological approach with emphasis on the 2011–2012 unrest period. Journal of Geodynamics, 85, 32-57. 
    https://doi.org/10.1016/j.jog.2014.12.004Serpelloni E, Cavaliere A, Martelli L, Pintori F, Anderlini L, Borghi A, Randazzo D, Bruni S, Devoti R, Perfetti P and Cacciaguerra S (2022) Surface Velocities and Strain-Rates in the Euro-Mediterranean Region From Massive GPS Data Processing. Front. Earth Sci. 10:907897. doi: 10.3389/feart.2022.907897


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  •   04 Feb 2025 11:58 - Parole per la Terra 2025, innamorati del nostro Pianeta con l’INGV

    Si inaugura domani, mercoledì 5 febbraio 2025, la sesta edizione di “Parole per la Terra”, l’evento promosso dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) per sensibilizzare i cittadini di tutte le età sulle Geoscienze e scoprire cosa fare per mitigare il rischio sismico e vulcanico. 

    Fino al 20 febbraio, in sette sedi dell’INGV distribuite su tutto il territorio nazionale, vi aspetta un viaggio appassionante alla scoperta del nostro Pianeta. Accompagnati da vulcanologi, sismologi ed esperti di tematiche ambientali, il pubblico sarà coinvolto in attività interattive, speed-date e aperitivi scientifici, tecnologie innovative, laboratori didattici e giochi per raccontare le ultime scoperte scientifiche. 

    La manifestazione si svolge nell’ambito delle celebrazioni del 25° anniversario dall’istituzione dell’INGV e cade nella Settimana nazionale delle discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM) promossa dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR).

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  •   03 Feb 2025 09:00 - La sequenza sismica dell’isola di Salina del dicembre 1954

    L’Italia ha uno dei cataloghi storici dei terremoti più importanti al mondo, se non il più importante per ricchezza dei dati e per lunghezza del record storico. Eppure, ancora oggi la ricerca storica sismologica è in grado di individuare eventi o sequenze che per qualche motivo non sono contenuti nei cataloghi.

    E’ il caso di una lunga e rilevante sequenza sismica che settant’anni fa colpì l’isola di Salina, nell’arcipelago delle Eolie. La sequenza ebbe inizio l’11 dicembre 1954 e si fece sentire con scosse leggere fino al successivo 10 gennaio. Siccome gli effetti maggiori si verificarono a fine dicembre e per semplificare diciamo sequenza di dicembre 1954.

    Salina è la seconda isola più grande delle Eolie dopo Lipari per dimensione e numero di abitanti. Secondo il censimento del 1951, si può stimare che all’epoca del terremoto Salina contasse circa 1870 abitanti, distribuiti nei tre comuni in cui è divisa amministrativamente: Santa Marina Salina, Malfa e Leni.

    La sequenza sismica del dicembre 1954 provocò danni “cumulati” tra i gradi 7 e 8 della Scala MCS. Anche se ancora non compare nell’ultima versione del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (Rovida et al, 2022), la sequenza fu largamente coperta dai mass media dell’epoca.

    Figura 1 – Alcuni estratti dalla Stampa e dalla Gazzetta del Sud

    La sequenza di Salina è stata riportata alla luce non molto tempo fa ed è ancora in fase di studio. Pochi anni dopo l’accadimento era stata descritta da Mario De Panfilis, sismologo dell’allora Istituto Nazionale di Geofisica (ING), e riportata nel catalogo di terremoti del Progetto Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985) con più di 30 record tra il 14 dicembre 1954 e il 10 gennaio 1955. Tuttavia, in questo momento non interessa indagare le cause della sua scomparsa nei cataloghi più moderni. Quello che è interessante sottolineare, invece, è che questa sequenza testimonia quanto ancora ci sia bisogno della ricerca storico-sismologica, persino quando riguarda anni che apparentemente conosciamo bene.

    Breve cenno alla sismicità storica dell’isola di Salina

    La storia sismica delle Isole Eolie contiene diversi terremoti nella prima metà del XX secolo, ma non abbonda di eventi nei secoli precedenti, probabilmente per la mancanza di persone che riportassero le informazioni visto che si trattava di abitati molto piccoli. Solo per Lipari, il centro più importante dell’arcipelago, si conserva una storia di risentimenti sismici che risale fino ai grandi terremoti del 1693 in Sicilia e del 1783 in Calabria, con danni stimati rispettivamente del 6° e del 7° grado della Scala MCS. Il primo evento con epicentro locale di cui si conserva memoria è un terremoto con intensità massima del 5° grado MCS a Lipari, accaduto nel 1841. Per quanto riguarda l’isola di Salina, l’evento significativo più antico risale al 1892 (Barbano et al., 2017); quello di maggiori ripercussioni è quello del 17 agosto 1926, in cui i danni raggiunsero, secondo Cavasino (1935), una intensità non precisata tra il 7° e l’8° grado MCS a Pollara (dove sessanta case sarebbero rimaste danneggiate e metà di esse rese inabitabili), e nella maggiormente popolata Malfa (dove quattrocento case sono rimaste danneggiate e si registrarono due feriti). Danni minori risultarono anche in altre due località dell’isola: a Rinella parecchie case sono rimaste lesionate oltre alla chiesa parrocchiale e anche nel paese di Leni sarebbe crollata qualche casa. Riguardo alle altre isole, si ha la sola segnalazione di leggeri danni per il porto di Filicudi e di Lipari e la caduta di qualche frana.

    Un altro terremoto accadde il 27 gennaio 1939, produsse danni minori rispetto al precedente e colpì principalmente la parte occidentale di Salina e il porto di Filicudi (Molin et al. 2008). Si può ricordare, infine il terremoto del 13 giugno 1963, che provocò solo lievi danni a Pollara (tra il 6° e il 7° grado MCS) e a Leni, Malfa e Rinella (6° grado MCS).

    Sebbene con un epicentro più lontano, è da ricordare il terremoto del Golfo di Patti del 15 aprile 1978, che causò danni leggeri almeno in cinque località dell’isola, con una intensità massima tra il 6° e il 7° grado MCS a Santa Marina Salina.

    La sequenza sismica

    Secondo il citato De Panfilis, i primi terremoti avvertiti dalla popolazione sono accaduti l’11 e il 14 dicembre 1954. Il Corriere della Sera diede notizia delle tre scosse del 14 dicembre, che spaventarono la popolazione isolana. Dopo qualche giorno di relativa calma, forti scosse sono state avvertite il pomeriggio del 23 dicembre. In particolare, alle 16:41, una scossa danneggiò dei soffitti e fece cadere calcinacci almeno nella località di Pollara, presso il comune di Malfa (Tab.1). Le scosse si ripeterono, in particolare, verso la mezzanotte e fino alle prime ore del mattino del 24 dicembre, apparentemente senza danni materiali. I quotidiani dell’epoca raccontano che da quel giorno si cominciarono ad avvertire tre o quattro scosse al giorno, portando la popolazione dell’isola in uno stato di permanente allarme.

    A un’ora non precisata dell’alba del 27 dicembre la popolazione dell’isola fu svegliata da una forte scossa accompagnata da intensi boati. Poco dopo, alle ore 8:59, si sentì una “scossa fortissima”, che è risultata quella principale, seguita da un’altra forte scossa avvenuta una ventina di minuti dopo. Di seguito, secondo le cronache giornalistiche, le scosse si sarebbero ripetute ogni 10-15 minuti. Alla fine della giornata del 27 si sarebbero contate una trentina di terremoti e circa ottanta fino al 30 dicembre. Le scosse furono avvertite soprattutto a Pollara, il paese più colpito. Vista la frequenza delle scosse, né De Panfilis (1959), né i quotidiani ne hanno dato un resoconto dettagliato, pur accennando ai danni che esse continuavano a provocare. Solo la scossa delle 8:45 della mattina del 28 dicembre è menzionata con rilievo da parte delle cronache giornalistiche.

    Figura 2 – Estratti dal Giornale di Sicilia e dalla Gazzetta del Sud

    Con l’inizio del nuovo anno, la frequenza e l’intensità dei terremoti diminuì: si avvertirono scosse solo nei giorni 1, 2, 3, 6 e 10 gennaio, che provocarono comunque forte apprensione nella popolazione, già sottoposta a forte pressione dalle precedenti scosse (Giornale di Sicilia).

    I danni

    Per ricostruire lo scenario macrosismico prodotto dai terremoti, oltre al resoconto di De Panfilis (1959), altre notizie sono tratte da diversi quotidiani: Gazzetta di Messina, Giornale di Sicilia, Corriere della Sera, La Stampa, L’Unità e L’Avvenire d’Italia, nonché due cinegiornali, uno della serie “Mondo Libero” e l’altro della “Settimana Incom”, tutti e due datati 7 gennaio e visibili online sul sito dell’archivio dell’Istituto Luce.

    Figura 3 – Mappa delle intensità macrosismiche di De Panfilis (1959)

    Le prime corrispondenze giornalistiche in cui si dà conto dei danni sono datate la sera del 27 dicembre, per poi susseguirsi con una o due corrispondenze giornaliere fino alla fine dell’anno, con le quali si aggiungevano particolari e si aggiornava sulle nuove scosse. Purtroppo, la cadenza delle notizie e lo stile narrativo giornalistico non permettono di distinguere gli effetti delle diverse scosse avvenute a partire dalla mattina del 27 dicembre. Per questo motivo, i danni rilevati devono essere considerati come il risultato cumulato dell’intera sequenza. In linea generale si dice che “quasi tutte le casette dell’isola, di vecchia e primitiva costruzione, sono rimaste lesionate o fortemente danneggiate”.

    Figura 4 – Fotogramma dal video dell’Istituto Luce in cui è mostrata la distribuzione del cibo alla popolazione (https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000031433/2/eolie-inquiete-eruzione-stromboli-e-terremoto-salina.html)

    La risonanza nazionale che ebbe la sequenza sismica di Salina si evidenzia dai due cinegiornali menzionati. Sebbene questi filmati non consentano di avere una visione d’insieme delle conseguenze delle scosse, mostrano alcuni dettagli degli effetti del terremoto. I filmati si focalizzano nelle località di Pollara e Malfa, le più colpite, e permettono di osservare i danni e i crolli in alcune abitazioni.

    Dei tre comuni in cui è suddivisa l’isola, il territorio di Malfa si estende nella costa nord e nella parte occidentale dell’isola; qui si fecero sentire maggiormente gli effetti dei terremoti, in particolare nella frazione di Pollara.

    Le località danneggiate

    Pollara. Dall’inizio si ebbe la percezione che i danni maggiori si riscontrassero nel paese di Pollara, che si trova sulla costa nord-occidentale dell’isola, di poco meno di cento abitanti, secondo il censimento del 1951 (per dare un’idea del paese di Pollara, vale la pena ricordare che è il luogo in cui è stato girato il film “Il postino” con Massimo Troisi). I diversi resoconti parlano dei danni del paese con diverse sfumature. Si dice che sarebbero crollate alcune vecchie case e numerose altre sarebbero rimaste gravemente danneggiate (De Panfilis). Secondo altri, quasi tutte le abitazioni avevano patito gravi danni ed erano crollati alcuni soffitti. Altre informazioni riportano qualche dettaglio in più: ad esempio, si legge in una notizia che tutte le circa ottanta case del paese erano rimaste danneggiate, ma che solo una cinquantina di esse era effettivamente abitata al momento del terremoto, mentre le altre erano state abbandonate per causa della forte emigrazione della popolazione verso le Americhe e l’Australia. Infine, un altro resoconto riportava che solo undici case erano rimaste lievemente danneggiate, mentre la maggior parte delle rimanenti doveva essere demolita.

    Inoltre, le scosse hanno provocato la caduta di grossi massi di roccia dal Monte de Porri -l’antico vulcano che sovrasta l’area a picco sul mare-, i quali, franando, distrussero vecchie casupole di campagna, mentre altri caddero in mare.

    Figura 5 – Fotogramma dal video dell’Istituto Luce in cui è evidente il danneggiamento di alcuni edifici (https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000031433/2/eolie-inquiete-eruzione-stromboli-e-terremoto-salina.html)

    A Malfa, capoluogo comunale di circa 720 abitanti (più altri 250 nelle case sparse) che si trova sulla costa nord dell’isola, si segnalarono danni significativi in quasi tutte le abitazioni, gravi in molte di esse. Inoltre, sono rimasti gravemente danneggiati alcuni edifici, tra i quali la caserma della Guardia di Finanza e la chiesa parrocchiale.

    Leni è il capoluogo del comune che copre la parte meridionale dell’isola e aveva 655 abitanti circa. Le notizie sostengono che la scossa del 23 dicembre fu avvertita fortemente, destando panico nella popolazione, ma apparentemente senza danni (Giornale di Sicilia). Invece, le informazioni arrivate dopo le principali scosse indicavano che in questo paese la situazione era drammatica, con tutte le abitazioni più o meno seriamente danneggiate e in qualche caso con danni gravi. Buona parte della popolazione rimasta in paese era stata sistemata provvisoriamente nella nuova scuola (che si presume non fosse stata danneggiata).

    Rinella. Poche notizie si hanno sugli effetti del terremoto nel porto di Rinella (allora nota ufficialmente con il nome italiano di Arenella), frazione costiera del comune di Leni, che contava più di 120 abitanti. Oltre alle note generiche sui danni generalizzati nelle abitazioni dell’isola, le cronache accennano soltanto ai danni della parrocchia, con il crollo di un pilastro del campanile sul tetto della canonica (Giornale di Sicilia), e nella stazione della Guardia di Finanza, senza peraltro definirne la gravità.

    Santa Marina Salina. Oggi è il porto più importante dell’isola e si trova sulla costa orientale. Contava allora 630 abitanti. Le cronache forniscono poche notizie su questo paese. Oltre ai danni più o meno generalizzati nelle abitazioni di tutta l’isola, si dice solo che ha sofferto danni minori rispetto a Pollara; tuttavia, si sarebbe verificato anche qualche crollo. Secondo De Panfilis (1959), anche in questa località (come a Lingua), si verificarono lesioni più o meno gravi in molti edifici. Altri resoconti lascerebbero intendere che non si siano verificati danni di rilievo, tranne che nella frazione di Lingua (Gazzetta del Sud).

    Lingua, frazione del comune di Santa Marina Salina con quasi 390 abitanti, è la località più sudorientale dell’isola. Si afferma che in questa località siano state danneggiate numerose case di abitazioni. Una notizia di agenzia pubblicata da più giornali la sera del 28 dicembre informava del crollo del campanile della chiesa e che si prevedeva il crollo totale dell’edificio. Tuttavia, giorni dopo è stato smentito il crollo del campanile, e ridimensionato il danno all’edificio. Anche il personale della stazione della Guardia di Finanza era stato trasferito per danni nella caserma. Secondo De Panfilis (1959), anche a Lingua (come a S. Marina Salina), si verificarono lesioni più o meno gravi in molti edifici.

    Altre isole. Le cronache consultate non segnalano con precisione gli eventuali effetti nelle altre isole dell’arcipelago o in Sicilia. Solo una corrispondenza della sera del 30 dicembre riferisce che le scosse più violente sono state avvertite anche nelle isole di Filicudi, Lipari e Stromboli, senza però offrire altri dettagli. Invece De Panfilis, benché consapevole delle poche notizie disponibili, afferma che a Lipari il movimento tellurico fu generalmente avvertito, ma senza destare alcuna apprensione, mentre era stato più leggermente avvertito nelle più lontane isole di Panarea, di Filicudi e di Vulcano.

    Oltre alla caduta di massi dal Monte de Porri, accennata per la zona di Pollara, gli unici effetti ambientali accennate dalle corrispondenze giornalistiche sono le falle “nelle piccole vie dei i centri di Malfa, Leni, Pollara e Santa Marina” che si sono aperte con le successive scosse.

    A differenza del terremoto del 1926, per il quale risulta che il terremoto abbia causato anche un maremoto (come riportato da Cavasino, 1935, e censito dal Database degli Effetti degli Tsunami Italiani), in questo caso non si accenna a nessun effetto di questo tipo, escludendo la preoccupazione suscitata per un effetto di “alta marea”, difficilmente riconducibile a una causa sismica. Le notizie concordano che non si dovette lamentare nessuna vittima e che la maggior parte della popolazione, dopo la forte scossa del 27 mattina, cominciò a cercare rifugio fuori dall’isola.

    Le linee telefoniche e telegrafiche rimasero interrotte durante la sequenza e lo scambio di notizie con Messina si realizzò via radio. Le cronache aggiungono che lo stato di apprensione della popolazione dell’arcipelago si era aggravata con la ripresa, la mattina del 29 dicembre, dell’attività dello Stromboli, con colate laviche dalle tre bocche che dalla Sciara del Fuoco arrivavano fino al mare. All’ultimo dell’anno, con il diradarsi delle scosse, era tornata una certa calma nell’isola, la quale permise agli esperti di fare le prime ricognizioni sugli effetti.

    L’attribuzione dell’intensità macrosismica

    De Panfilis nel suo studio disegna una mappa isosismica, dividendo l’isola in tre livelli d’intensità macrosismica. All’estremo nord-occidentale dell’isola, corrispondente a Pollara, attribuisce il 7° grado Mercalli. Alla regione centrale, che comprende i paesi di Malfa, Leni e Rinella (e il Monte dei Porri), attribuisce un’intensità indeterminata tra il 6° e il 7° grado. Alla frangia orientale, che comprende le località di S. Marina Salina e di Lingua (e la cima del monte Fosse delle Felci), attribuisce un’intensità del 6° grado. Tuttavia, solo per Pollara esplicita i motivi della scelta, sostenendo che attribuisce a questo paese il 7° grado “anche se gli effetti dinamici sulle abitazioni possono indurre a giudicarla più alta”. La scelta è basata sulla constatazione che le case di Pollara, come del resto dell’isola, sono “in generale poco solide sia perché di costruzione assai difettosa sia perché ormai molto vecchie e indebolite da precedenti fenomeni sismici”.

    Nel caso di Malfa e di Leni, l’attribuzione di una intensità indeterminata tra il 6°-7° grado deve essere collegata all’accenno alla violenza della scossa avvertita in quei luoghi che causò “gravi lesioni in molte abitazioni”. Tuttavia, di Rinella, ovvero la terza località compresa in questa area, non abbiamo una simile descrizione di danni. Per quanto riguarda la zona orientale dell’isola, che comprende i porti di S. Marina Salina e il porto di Lingua, De Panfilis attribuisce una intensità del 6° grado.

    Probabilmente, lo scenario macrosismico proposto da De Panfilis per Pollara è leggermente sottostimato. Infatti, per il terremoto del 17 agosto 1926, Alfonso Cavasino (1935), assegnò a Pollara un’intensità incerta tra 7°-8° Mercalli sulla base di una descrizione di effetti simili a quelli di questa sequenza, e con un contesto edilizio e abitativo certamente analogo a quello del 1954. Invece, forse sono sovrastimati gli effetti nell’altro estremo dell’isola, ovvero a Santa Maria Salina e a Lingua. Ad ogni modo si presenta il riassunto dello scenario macrosismico provvisorio risultante della scossa del 23 (Tab.1) e del 27 dicembre (Tab.2), cumulativo per quest’ultima fase:

    Tabella 1. Piano Quotato Macrosismico del terremoto del 23 dicembre 1954.

    Tabella 2. Piano quotato macrosismico del terremoto del 27 dicembre 1954.

    Come è naturale, le cronache giornalistiche non si limitano a registrare le scosse e i loro effetti, bensì raccontano episodi, voci e timori che circolavano nell’isola. L’inviato della Gazzetta del Sud racconta che quasi tutto il paese di Pollara si era rifugiato in una baracca costruita dopo il terremoto del 1926, e che al momento di avvertire una scossa, tutti corsero disordinatamente verso l’unica porta per uscire all’aperto. Due donne erano rimaste nelle loro abitazioni, una che poco tempo fa aveva partorito con difficoltà e una anziana a letto. Intanto, il sindaco di Malfa ordinò l’allestimento di una cucina popolare, come si vede nei cinegiornali. Appena tornata la calma, si dice che sono arrivati alcuni scienziati da Messina per osservare gli effetti del terremoto e monitorare l’eruzione dello Stromboli. Allo stesso tempo si parlava di una possibile eruzione dell’Etna, cosa che svegliava l’antica idea che l’eruzione contemporanea dei vulcani comportava grandi sconvolgimenti e perfino la fine del mondo (La Stampa). Intanto si danno numeri piuttosto alte delle persone che avrebbero trovato rifugio a Milazzo e della gran quantità di telegrammi arrivati dagli Stati Uniti, dal Cile, dall’Argentina chiedendo notizie dei parenti rimasti nella terra natia.

    Conclusioni

    Sebbene la ricerca su questa sequenza sismica non sia terminata, si può comunque dire che è una delle più importanti per l’isola di Salina; forse la seconda più forte dopo il terremoto del 1926. In particolare, le ricerche in archivio potrebbero ancora fornire informazioni più accurate sull’entità dei danni nelle diverse località dell’isola, sulle quali le fonti attualmente disponibili sono troppo generiche e mostrano contraddizioni.

    A cura di Carlos H. Caracciolo (INGV-BO)


    Bibliografia

    Barbano M.S., Castelli V., Pirrotta C.; 2017: Materiali per un catalogo di eruzioni di Vulcano e di terremoti delle isole Eolie e della Sicilia nord-orientale (secc. XV-XIX). Quaderni di Geofisica, n. 143.

    Bollettino sismico mensile, 1917-1980: Istituto Nazionale di Geofisica.

    Carozzo M.T., Cosentino M., Ferlito A., Giorgetti F., Patane G., Riuscetti M.; 1975: Earthquakes catalogue of Calabria and Sicily (1783-1973). Quaderni della Ricerca Scientifica, CNR, 93.

    Cavasino A.; 1935: I terremoti d’Italia nel trentacinquennio 1899-1933. Mem. R. Uff. Centr. Meteor. e Geof., Appendice, s.3, v.4.

    De Panfilis M., 1959: Attività sismica in Italia dal 1953 al 1957. Annali di Geofisica, 12, 1, 21-148.

    Ingrao G.; 1930. Bollettino Sismico – Macrosismi. Anno 1926. R. Uff. Centr. Meteor. e Geofisica, Roma.

    Postpischl D.; 1985: Catalogo Progetto Finalizzato Geodinamica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma.

    Quotidiani

    L’Avvenire d’Italia, Bologna

    Corriere della Sera, 28, 29, 30, 31 dicembre 1954, 1, 4, 7, 8, 11 gennaio 1955.

    Gazzetta di Messina – Gazzetta del Sud, Messina.

    Giornale di Sicilia, Palermo.

    L’Unità, 28, 30 dicembre 1954, 1 gennaio 1955.

    La Stampa, 28, 30, 31 dicembre 1954.

    Resto del Carlino, Bologna.

    Cinegiornali

    La terra ha tremato a Salina, Mondo Libero / M178, 7.01.1955. https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000043458/2/-66722.html

    Eolie inquiete – Eruzione a Stromboli e terremoto a Salina, La Settimana Incom / 01194, 7.01.1955. https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000031433/2/eolie-inquiete-eruzione-stromboli-e-terremoto-salina.html

    Credits

    Le fotografie dei quotidiani riportate in figura 1 e 2 provengono da:

    Gazzetta di Messina: Biblioteca dell’Archivio Centrale dello Stato, Roma.

    Giornale di Sicilia: Biblioteca Nazionale Centrale, Roma.

    La Stampa: Archivio storico online

    La mappa di figura 3 è tratta dalla pagina 51 del testo di De Panfilis (1959).

    I fotogrammi dei cinegiornali provengono dall’Archivio dell’Istituto Luce

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  •   02 Feb 2025 09:19 - Le mappe mensili della sismicità, gennaio 2025

    Mappa dei terremoti avvenuti in Italia e nelle aree limitrofe dal 1 al 31 gennaio del 2025.

    Sono stati 1188 gli eventi localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dal 1 al 31 gennaio 2025, un numero in leggero aumento rispetto allo scorso mese di dicembre con una media che sale a poco più di 38 terremoti al giorno, al di sotto della media registrata nel 2024 (Speciale 2024, un anno di terremoti). Dei 1188 eventi registrati, 128 terremoti hanno avuto una magnitudo pari o superiore a 2.0 e soltanto 13 magnitudo pari o superiore a 3.0.

    Nel primo mese dell'anno, sono stati due i terremoti che hanno avuto una magnitudo uguale o superiore a 4. Il primo, di magnitudo ML 4.0, è stato localizzato in provincia di Udine il 12 gennaio nei pressi di Ampezzo: l’evento sismico, seguito da altri nelle ore e nei giorni successivi (circa 70 eventi, massima magnitudo ML 3.6) è stato risentito in buona parte della provincia di Udine, ma anche in alcune aree del Veneto. Il secondo è avvenuto al di fuori del territorio nazionale, il 24 gennaio (ML 4.0) lungo la Costa albanese settentrionale.

    A questo link si trova l'estrazione dal portale terremoti.ingv.it di tutti gli eventi sismici avvenuti in Italia e in aree limitrofe nel mese di gennaio 2025.

    Le mappe, insieme ad altri prodotti del monitoraggio, sono disponibili sul sito  dell'Osservatorio Nazionale Terremoti e sul Portale Web dell'INGV.

    La rubrica "I terremoti del mese" è a cura di M. Pignone (INGV-ONT)

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