•   19 May 2025 08:00 - 50 anni di terremoti in Italia analizzati con la banca dati ITACA

    Ad aprile 2025 è stato pubblicato l’aggiornamento della versione 4.0 di ITACA (Italian ACcelerometric Archive, doi:10.13127/itaca.4.0), il database accelerometrico che raccoglie le registrazioni dei terremoti di magnitudo superiore a 3.0 avvenuti in Italia e nelle regioni limitrofe fino al 2024. Il database è disponibile online all’indirizzo itaca.mi.ingv.it e include dati provenienti principalmente dalle reti di monitoraggio nazionali dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e di DPC (Dipartimento della Protezione Civile), ma anche da alcune reti regionali e locali, reti temporanee installate dopo le principali sequenze sismiche, oltre che da stazioni europee vicino ai confini. I principali utenti sono ricercatori e studenti nel campo della sismologia applicata e dell’ingegneria sismica, liberi professionisti (ingegneri, geologi), amministratori e pianificatori del territorio.

    Le registrazioni sismiche rilevano le oscillazioni del terreno durante un terremoto e rappresentano uno strumento essenziale per analizzare l’intensità dei movimenti. Questi dati aiutano a comprendere come l’ampiezza e la durata delle vibrazioni siano influenzate dalle dimensioni della sorgente sismica, dalla distanza dall’epicentro e dalle caratteristiche geomorfologiche locali.

    Con questo aggiornamento, ITACA conta ad oggi un totale di 43.282 forme d’onda accelerometriche e oltre 2.500 terremoti, con la prima registrazione che risale al terremoto di Ancona del 1972. Tuttavia, circa il 94% dei dati è stato acquisito negli ultimi 15 anni, grazie al potenziamento delle reti sismiche e agli sviluppi tecnologici nei sistemi di acquisizione e trasmissione dei dati. Considerando solo i terremoti con Mw ≥ 3.5 (1.951 eventi, per un totale di 38.965 forme d’onda), la Figura 1 illustra l’evoluzione temporale del dataset, a partire dai primi record analogici degli anni 70 e 80 fino ad oggi. Grazie all’incremento delle stazioni accelerometriche digitali, a partire dal 2003 si osserva un rapido aumento del numero di record e di terremoti registrati.

    Figura 1. Evoluzione temporale del numero di registrazioni nel tempo.

    Il database ITACA contiene informazioni sulle principali sequenze sismiche in Italia, come quella del Friuli (1976-1977), che ha fornito circa 100 forme d’onda, fino alla più recente sequenza del Centro Italia (2016-2017), che ha portato alla registrazione di oltre 10.000 segnali. Nel 2024, pur in assenza di eventi sismici di grande intensità, sono stati aggiunti circa 2.000 segnali relativi a 150 eventi. Tra questi, il più rilevante è stato il terremoto di Pietrapaola (CS), di magnitudo Mw 5 e profondità di 24 km, avvenuto il 1° agosto alle ore 21:43:19 (ora italiana), identificabile in ITACA con il codice INT-3992148. Inoltre, a partire dalla fine del 2023 è in corso una sequenza sismica nell’area dei Campi Flegrei. L’evento di maggiore magnitudo di questa sequenza (Md 4.4, identificativo INT-38759141) si è verificato il 20 maggio 2024 alle ore 20:10:03 (ora italiana).

    La distribuzione geografica degli epicentri relativi agli eventi sismici inclusi in ITACA mostra che la maggior parte di essi si trova lungo la catena appenninica italiana e si caratterizza per profondità comprese tra 5 e 20 km con meccanismo di fagliazione normale. Eventi più profondi (20-30 km) sono stati registrati nel Sud Italia (con fagliazione inversa o trascorrente, es. sequenza sismica del Molise del 2002), nella regione del Friuli (dominata da fagliazione inversa). Gli eventi che si verificano nella zona dei Campi Flegrei sono, invece, molto superficiali (<5 km). 

    Figura 2. Distribuzione degli eventi di magnitudo >= 3.5 archiviati in ITACA. Nella mappa a sinistra sono evidenziate con diversi colori le sequenze sismiche (Campi Flegrei 2024-2025, Ancona 2022, Centro Italia 2016-2017, Emilia 2012, L’Aquila 2009, Molise 2002, Umbria-Marche 1997-1998, Irpinia 1980, Friuli 1976). A destra, gli eventi sono colorati in funzione della profondità ipocentrale.

    Grande importanza rivestono le registrazioni in area epicentrale degli eventi medio forti (Mw ≥ 5.5): sono disponibili 152 registrazioni in campo vicino (registrate da stazioni poste entro una lunghezza di faglia). Il contributo principale proviene dalle sequenze del centro Italia del 2016 (75 forme d’onda) e della Pianura Padana del 2012 (40 forme d’onda) , seguite dai terremoti dell’Aquila del 2009 (13 registrazioni) e dagli eventi avvenuti durante la sequenza Umbria-Marche del settembre 1997 (5 registrazioni) e dalla sequenza del Friuli del settembre 1976 (8 registrazioni). L’evento più forte nel database ITACA, il terremoto dell’Irpinia del 1980 (Mw 6.9, IT-1980-0012), è stato registrato da 8 stazioni in campo vicino.

    Gli accelerogrammi in ITACA sono relativi  a 1803 stazioni di registrazione, alcune delle quali oggi dismesse. I siti sono classificati secondo la normativa NTC08, basata sulla velocità media delle onde di taglio (onde S) nei primi 30 metri di suolo a partire dalla superficie: classe A (Vs30 ≥ 800 m/s), classe B (360 ≤ Vs30 < 800 m/s), classe C (180 ≤ Vs30 < 360 m/s), classe D (Vs30 < 180 m/s) e classe E (5-20 m di terreno tipo C o D su substrato rigido con Vs ≥ 800 m/s). Ad oggi, sono disponibili misure quantitative di VS30 per circa il 24% dei siti (17% classificati come A, 50% B, 26% C, 2% D e 4% E). Per le altre stazioni, la classe del sito è assegnata in modo indiretto, utilizzando informazioni geologiche, geomorfologiche e topografiche correlate con la Vs30.  

    Il picco di velocità, PGV (Peak Ground Velocity), e quello di accelerazione, PGA (Peak Ground Acceleration), in un segnale sismico forniscono informazioni complementari sulla distribuzione dell’energia durante un terremoto. La velocità è associata alle componenti a bassa frequenza, che tendono a causare movimenti più lenti ma su scala più ampia, mentre il picco di accelerazione rappresenta le componenti ad alta frequenza, tipicamente responsabili di scuotimenti rapidi e localizzati. Per questo motivo, entrambi i parametri vengono utilizzati per descrivere in modo sintetico ma efficace il contenuto energetico di un evento sismico.

    Le Figura 3 e 4 mostrano, rispettivamente, la distribuzione nel tempo e nello spazio dei massimi valori orizzontali di PGA e  PGV ricavati dalle forme d’onda  relative agli eventi di ITACA con  M ≥ 3.5. 

     Nel complesso, la banca dati include:

    • – 647 forme d’onda con accelerazione di picco orizzontale (PGA) superiore a 100 cm/s²
    • – 215 forme d’onda con velocità di picco orizzontale (PGV) superiore a 10 cm/s

    Come mostrato nella Figura 3, i valori di picco più elevati si riscontrano prevalentemente nei siti su suolo, confermando il ruolo rilevante dell’amplificazione locale nell’influenzare l’intensità del moto sismico, un effetto particolarmente marcato nel caso della PGV. In ben 32 siti sono state registrate accelerazioni superiori a 500 cm/s², per lo più localizzati nel Centro Italia. Inoltre, in 18 siti si sono osservati valori di velocità superiori a 50 cm/s, anch’essi situati principalmente nel Centro Italia e nella Pianura Padana. 

    Osservando la distribuzione dei valori massimi registrati negli ultimi 50 anni (Figura 4), si riconoscono chiaramente le aree colpite dalle principali sequenze sismiche, si può notare, ad esempio, come lungo la costa adriatica gli scuotimenti risultano più intensi rispetto a quella tirrenica soprattutto in termini di velocità del suolo (PGV). Questa osservazione dipende, anche, dal fatto che lungo la costa adriatica si sono verificati eventi con magnitudo più elevata (es. Mw 5.2 Ancona 2022). Inoltre, le zone in cui si registrano i valori massimi di accelerazione (PGA) e di velocità (PGV) non sempre coincidono. Tenendo conto che le scale di misura di PGA e PGV differiscono di circa un fattore 10, si osserva che in aree come il Friuli e la Calabria meridionale le vibrazioni a bassa frequenza (PGV, in verde) risultano più marcate rispetto a quelle ad alta frequenza (PGA, in giallo).

    Figura 3. Distribuzione della PGA (Peak Ground Acceleration) e delle PGV (Peak Ground Velocity). In rosso e in azzurro sono evidenziate le registrazioni su roccia (classe di sottosuolo A) rispettivamente per i valori di PGA e PGV.
    Figura 4. Distribuzione spaziale dei valori di PGA (a sinistra) e PGV (a destra) degli eventi di magnitudo >= 3.5 archiviati in ITACA. I valori sono stati selezionati come i massimi delle componenti orizzontali per ogni stazione di registrazione.

    Il contenuto di ITACA e l’analisi delle forme d’onda contenute sono fondamentali per comprendere le caratteristiche dello scuotimento sismico e migliorare i modelli predittivi per la stima degli scuotimenti futuri. I valori massimi osservati definiscono le soglie dello scuotimento finora osservate e offrono elementi fondamentali per la valutazione del rischio e la progettazione sismica nel contesto italiano.

    Con un aggiornamento annuale, ITACA si propone, quindi, di offrire la più vasta raccolta di registrazioni accelerometriche, validate da utilizzatori esperti, relative ad eventi sismici di media e forte intensità avvenuti in Italia.

    A cura di Chiara Felicetta, Giovanni Lanzano, Lucia Luzi, Claudia Mascandola, Francesca Pacor, Emiliano Russo, Sara Sgobba (INGV-MI)


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  •   16 May 2025 10:32 - INSIDE, dentro il mondo della ricerca e del monitoraggio: la Rete Sismica Nazionale

    ricercatrice su sfondo rulli Rete Sismica Nazionale

    È online da oggi la prima puntata di “INSIDE”, la nuova rubrica video targata INGVterremoti che, attraverso i volti e le voci delle donne e degli uomini del Dipartimento Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, racconta il mondo della ricerca e del monitoraggio dei terremoti e dei maremoti.

    Una volta al mese, ti accompagniamo alla scoperta delle attività, degli strumenti, dei risultati della ricerca, delle azioni in campo.

    Partiamo dalla Rete Sismica Nazionale, una delle infrastrutture più importanti dell’Istituto che permette di monitorare la sismicità in Italia e nel mondo e di assicurare il servizio di sorveglianza sismica del nostro territorio, strategico per il Servizio nazionale di protezione civile.

    Come nasce? Come funziona? Chi contribuisce alla Rete sul territorio nazionale? Concetta Nostro, ricercatrice presso l’Osservatorio Nazionale Terremoti (ONT-INGV), inizia questo racconto descrivendo la Rete.

    Entra nel mondo delle stazioni sismiche e delle Sale Operative, guardando il video sul nostro canale YouTube.


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  •   15 May 2025 14:18 - Comunicare in tempo di pace e in emergenza: il ruolo dei comunicatori pubblici

    In vista del FORUM PA 2025 che si svolgerà dal 19 al 21 maggio, la sede di Roma dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha ospitato la tavola rotonda “Comunicare l’emergenza: strategie e strumenti per una cittadinanza informata”, promossa il 7 aprile da ForumPA in collaborazione con l’INGV, nell’ambito del percorso “FORUM PA OFF”.

    Una opportunità di confronto tra esperti del mondo accademico e delle pubbliche amministrazioni, un’occasione di approfondimento per il pubblico presente composto da personale INGV, rappresentanti di altre PA e studenti universitari.

    Il ruolo dei comunicatori pubblici è fondamentale in “tempo di pace” quanto in emergenza – hanno sottolineato i relatori, fa la differenza nella gestione delle crisi e nella costruzione quotidiana del rapporto di fiducia tra istituzioni pubbliche e cittadini. Le competenze necessarie, il ruolo delle nuove tecnologie e dei dati, la prevenzione dell’infodemia sono alcuni dei temi chiave emersi dalla conversazione moderata dalla giornalista Michela Stentella, Direttrice forumpa.it – FPA.  

    Sono intervenuti: Vincenzo Arena, Docente di Giornalismo e Comunicazione digitale per le PA presso l’Università Tor Vergata di Roma; Andrea Cerase, Ricercatore Tenure Track, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale presso Sapienza Università di Roma; Eugenio Iorio, Docente Social Media Analysis presso l’Università Suor Orsola Benincasa; Titti Postiglione, Dirigente Generale presso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione; Roberta Mochi, Capo Ufficio Stampa della ASL Roma 1; Serenella Ravioli, Direttore Centrale per la Comunicazione, Informazione e Servizi ai Cittadini e agli Utenti di ISTAT.

    Guarda il video racconto a cura di INGV

    Guarda le video interviste a cura di ForumPA.

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  •   13 May 2025 10:58 - Evento sismico ai Campi Flegrei, Md 4.4, e comunicato di sciame: 13 maggio 2025
    Dalle ore 12:06 locali del 13 maggio 2025 è in corso uno sciame sismico nell’area Campi Flegrei.
    All’orario attuale (12:45) sono stati rilevati in via preliminare 8 terremoti con magnitudo Md ≥ 0.0. Il terremoto più forte è quello di magnitudo Md 4.4 ± 0.3 delle ore 12:07 italiane, seguito alle ore 12:22 italiane da uno di magnitudo Md 3.5.
    Nella mappa sono riportate le localizzazioni degli eventi con magnitudo Md ≥ 1.0.
    Entro 3/6 ore seguirà ulteriore aggiornamento in funzione dell’evoluzione del fenomeno.
    Segnali sismici registrati alla stazione Campi Baia (CBAC)
    Tutti gli aggiornamenti sullo sciame e ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della banca dati GOSSIP dell’Osservatorio Vesuviano: https://terremoti.ov.ingv.it/gossip/flegrei/2025/index.html
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  •   06 May 2025 08:00 - Lo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano: in visita alle aree colpite /parte 1: Lhok Nga e la Moschea Rahamatullah

    Erano passati sei mesi da quando, nel febbraio 2024, avevo visitato le zone colpite dallo tsunami del 2011 in Giappone . Pur essendo già stato nell’area di Sendai qualche anno prima e nonostante fossero passati tredici anni dallo tsunami del 2011, l’impressione era stata fortissima: le visite alla scuola di Arahama e al museo di Natori avevano lasciato un segno indelebile nella mia memoria. A novembre 2024 si è presentata l’opportunità di visitare la zona di Banda Aceh, in Indonesia, una delle aree più colpite dallo tsunami dell’Oceano Indiano del 26 dicembre 2004. L’occasione era associata al Global Tsunami Symposium, organizzato dal governo indonesiano per ricordare i 20 anni dall’evento. Insieme a un piccolo gruppo di esperti dell’area NEAM (Nord-Est Atlantico, Mediterraneo e mari connessi), uno dei quattro gruppi di coordinamento intergovernativo (ICG) mondiali per il monitoraggio degli tsunami, eravamo stati invitati per presentare le attività del nostro ICG e discutere del futuro dei sistemi di allerta.

    La sala dove si è tenuto il Simposio Globale degli Tsunami a Banda Aceh

    A me spettava il compito di illustrare le attività e i principali sviluppi del nostro sistema di monitoraggio e allerta. Tra le principali novità, ho descritto i nostri sforzi per migliorare i tempi e l’accuratezza delle previsioni in tempo reale degli tsunami, i sistemi di monitoraggio del livello del mare con l’imminente installazione di strumenti a fondo mare, a Stromboli e nel Mar Ionio, i risultati del progetto UNESCO Tsunami Ready, e molte altre attività recenti che sono attualmente in fase di implementazione nel Mediterraneo e nell’Atlantico. 

    Oltre ai tre giorni di lavori del convegno scientifico – svoltosi nei giorni 11, 12 e 14 novembre 2024 -, era stata organizzata per il 13 novembre una giornata di visita ad alcuni luoghi importanti per l’impatto dello tsunami del 2004 e per la memoria ad esso associata. 

    Non sapevo cosa aspettarmi. Venti anni sono tanti, ma l’Indonesia non è il Giappone, il disastro era stato sicuramente più grande (se può avere senso confrontare una tragedia da ventimila vittime con una da 250mila), e le capacità dei due Paesi del cosiddetto Build Back Better (la capacità di ricostruire meglio di prima) sono certamente molto diverse.

    Il giorno del field trip siamo stati divisi in gruppi e organizzati con itinerari diversi. L’accoglienza dei locali è stato davvero eccezionale, sia di coloro che ci seguivano nelle visite, sia di tutte le persone che abbiamo incontrato lungo la visita: gentili, sorridenti, addirittura riconoscenti per essere andati fin laggiù a vedere cosa fosse successo e ad aiutarli a capire e ripartire. 

    Lhok Nga

    La prima sosta è stata a Lhok Nga, un villaggio che era stato colpito duramente dallo tsunami del 2004, e dove ora sono state ricostruite parte delle case e delle infrastrutture, forse con minore densità e migliore organizzazione viaria e logistica (almeno lo spero!). Certo, una grande differenza rispetto alle cittadine costiere della zona di Sendai, nelle quali l’assetto urbanistico è stato modificato radicalmente dopo lo tsunami del 2011. 

    Qui sicuramente gli abitanti hanno fatto grandi progressi nella conoscenza del fenomeno e nella capacità di risposta, tanto da essersi guadagnati il riconoscimento UNESCO “Tsunami Ready” (vedi qui per i dettagli su questo programma). Appena arrivati siamo stati accolti da una cerimonia di benvenuto, con una serie di canti e balli da parte della comunità indigena, dopo la preghiera e i saluti delle autorità locali.

    Alla fine della cerimonia è stato realizzato un collegamento con alcune altre località della provincia dove erano in corso delle esercitazioni. Mentre assistevamo a queste attraverso un monitor posizionato sotto la tenda allestita per ripararci dal gran caldo, è stata lanciata a sorpresa (almeno per noi) l’esercitazione, al grido di GEMPA! GEMPA BUNI! (TERREMOTO! TERREMOTO!). Ci siamo tutti riparati accucciandoci sotto o tra le sedie, coprendoci la testa con gli zaini o con le braccia. Poco dopo, la parola TSUNAMI è risuonata nell’aria ed è iniziata la parte di esercitazione che prevedeva l’evacuazione di quell’area verso l’entroterra.

     

    Abbiamo quindi seguito i ragazzi e le ragazze della protezione civile locale, seguendo prima la strada provinciale asfaltata per poi girare e imboccare un sentiero sterrato che conduceva verso la collina. 

     

    Non siamo stati portati fino all’area sicura, che abbiamo capito essere piuttosto lontana visto che le strade erano piuttosto pianeggianti in quella zona (qui lo tsunami è penetrato per chilometri!). Ma ci siamo fermati in campagna lungo il percorso per fare una sorta di briefing, per poi rientrare. Tornando all’area dove avevamo assistito agli spettacoli, mi hanno fatto notare un grosso albero proprio dietro al palco, che quasi in cima recava i segni dell’altezza raggiunta dallo tsunami: impressionante! Impressionante pensare che tutto quel territorio fosse stato travolto da una massa d’acqua alta circa venti metri che era penetrata per alcuni chilometri! Eravamo a poche centinaia di metri dalla costa e in prossimità di un fiume che deve aver agito come via preferenziale per l’inondazione. E, non di meno, mi era sembrato sconcertante che ora le persone fossero tornate ad abitarci, a costruirci le scuole, i negozi, certo con una maggiore consapevolezza del rischio, ma pur sempre in un’area dove un fenomeno del genere si potrebbe ripresentare

    La moschea Rahamatullah di Lampuuk

    Lasciato il villaggio di Lhok Nga, siamo andati a visitare una delle più famose costruzioni della regione, diventata con lo tsunami del 2004 un’icona del rischio: la Moschea Rahamatullah di Lampuuk

    È quell’edificio bianco rimasto al suo posto in mezzo a una regione completamente devastata, nella quale l’intero circondario venne cancellato dallo tsunami. Una distesa pianeggiante di centinaia di metri di fango, detriti, alberi abbattuti, barche, in mezzo alla quale svettava la Moschea, l’unico edificio rimasto illeso (apparentemente illeso, come vedremo) in tutta la zona. La scena era del tutto analoga a quella della scuola di Arahama, in Giappone, sul cui tetto si erano rifugiati molti studenti e insegnanti della scuola stessa insieme a qualche centinaio di abitanti della zona che l’avevano usata per mettersi in salvo dalla furia dello tsunami (quella che viene definita “evacuazione verticale”).

    Entrati nell’area della Moschea, siamo stati accolti da alcuni abitanti del luogo che gestiscono l’accesso alla moschea stessa e a un piccolo museo in cui sono esposte molte foto della zona e alcuni reperti. Tra loro, una signora anziana ci ha raccontato la sua esperienza del 2004: durante lo tsunami, si trovava fuori dall’area inondata ma la sua mamma e i suoi tre figli erano all’interno di questa. Quando intuì il pericolo per loro, si precipitò verso la scuola dove si trovavano per portarli via, ma si imbatté in una folla di persone che andavano nella direzione opposta alla sua, allontanandosi velocemente dalla costa, e le urlavano “Kembali! Kembali!”(indietro!), “Tsunami! Tsunami!”. Si era dovuta quindi rassegnare a tornare sui suoi passi. Con le lacrime agli occhi ci disse che non li aveva più visti. Purtroppo di storie così ne abbiamo lette e sentite molte; non c’era una persona nella zona di Aceh che non avesse perso almeno un parente o degli amici a causa dello tsunami

    L’attuale Moschea è molto simile a quella pre-2004, ma i lavori di ripristino e di rinforzo sono stati imponenti. Pur avendo resistito allo tsunami, il passaggio del mare all’interno dev’essere stato decisamente impetuoso lasciando segni importanti. Un settore interno è stato lasciato così come subito dopo lo tsunami: colonne abbattute, tondini di acciaio deformati, un tappeto di coralli in terra e un cartello con scritto: DON’T FORGET TSUNAMI.

    Sono stati anche aggiunti due alti campanili, sopra i quali sono stati installati i segnalatori acustici che in caso di tsunami daranno contezza dell’allertamento in corso.

     

    Mentre eravamo all’interno, con i colleghi ci chiedevamo a che altezza fosse arrivata l’inondazione, memori ad esempio, che la scuola di Arahama in Giappone era stata investita da una massa d’acqua che aveva raggiunto un’altezza di quasi 5 metri, in pratica i primi due piani erano stati investiti dallo tsunami. Abbiamo poi capito, osservando la distruzione interna e i segni sulle pareti, che l’intera volta interna, alta una decina di metri, doveva essere stata riempita fino al soffitto dal flusso d’acqua dell’oceano. Una cosa davvero impressionante. 

    Ancora più impressionante il fatto che, come già visto a Lhok Nga (distante pochi chilometri), dopo il 2004 intorno alla Moschea sono state ricostruite moltissime abitazioni, che si trovano quindi nella zona a rischio. Incuriosito da questo, il mio collega Fabrizio Romano ha parlato con una persona che abita nella prima fila di case: nonostante la sua famiglia fosse stata decimata dallo tsunami, lui è ritornato a vivere là.

    La Moschea oggi (foto da Google maps). Dal confronto con la foto della stessa Moschea (sopra) si nota il gran numero di case ricostruite nella zona di inondazione dello tsunami del 2004. 

    A cura di Alessandro Amato, Centro Allerta Tsunami (CAT) INGV


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