- 01 Oct 2025 16:09 - Le mappe mensili della sismicità, settembre 2025
Mappa dei terremoti avvenuti in Italia e nelle aree limitrofe dall’1 al 30 settembre del 2025.
Sono stati 1327 gli eventi localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dall’1 al 30 settembre 2025, un numero in moderato aumento rispetto al precedente mese di agosto, con una media che sale a circa 44 terremoti al giorno. Dei 1327 eventi registrati, 120 terremoti hanno avuto una magnitudo pari o superiore a 2.0 e soltanto 12 eventi magnitudo pari o superiore a 3.0.
Come è avvenuto spesso negli ultimi mesi, anche a settembre il terremoto di magnitudo maggiore sul territorio nazionale è avvenuto nell’area dei Campi Flegrei durante uno dei diversi sciami sismici che sono stati registrati. L’evento di magnitudo Md 4.0 è stato localizzato nel comune di Pozzuoli l’1 settembre, con epicentro nei pressi dell’Accademia Aeronautica, ad una profondità di 2.3 km.
Sono state registrate piccole sequenze sismiche in questo mese con eventi soprattutto di bassa magnitudo: due terremoti sono stati maggiormente risentiti, quello del 2 settembre (ML 3.6) in provincia di Bolzano e quello localizzato a Massa Martana (Perugia) il 20 settembre (Mw 3.7).
Le mappe, insieme ad altri prodotti del monitoraggio, sono disponibili sul sito dell’Osservatorio Nazionale Terremoti e sul Portale Web dell’INGV.
La rubrica “I terremoti del mese” è a cura di M. Pignone (INGV-ONT)
Vai alla notizia - 29 Sep 2025 12:02 - Bari. Presentazione dei risultati del progetto MEET per una scienza della terra aperta al futuro
Domani, martedì 30 settembre 2025, saranno presentanti a Bari, presso la Camera di Commercio (Via Cavour, 2), i risultati del progetto Monitoring Earth’s Evolution and Tectonics (MEET), coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e finanziato dal PNRR.
Durante l’infoday, dal titolo “Profondamente terrestri. Nuove tecnologie e nuovi osservatori per una scienza della terra aperta al futuro”, si alterneranno incontri, dibattiti e tavole rotonde dalle ore 10 alle 17. In particolare, saranno presentati due nuovi portali di dati aperti, “Italian Platform for Solid Earth Science” (IPSES) e “Platform for Earth Observation from Space” (PEOS), e sarà allestita un’area espositiva dedicata ai quattro temi del Progetto, tra cui “La Terra dalla Terra”, con i nuovi sensori delle grandi reti nazionali (Rete Integrata Nazionale GNSS, Rete Sismica Nazionale, Rete Idrogeochimica).
Tra le tante iniziative realizzate nell’ambito del progetto vi è anche la campagna di deposizione di due boe di mare profondo per il monitoraggio degli tsunami, che vi abbiamo raccontato recentemente in questo approfondimento.
Scopri il programma dettagliato.
Vai alla notizia - 26 Sep 2025 08:00 - Colfiorito 1997. Quel terremoto che cambiò la macrosismologia e il nostro modo di lavorare
Il terremoto del 26 settembre 1997 nell’area di Colfiorito, tra l’Umbria e le Marche, rappresenta un evento epocale per la storia della sismologia italiana e per il modo in cui si iniziò a lavorare a beneficio della società.
All’epoca la ricerca in campo sismologico era svolta in diversi ambiti. Oltre alle Università operavano altre istituzioni. Nella sola sede di Roma esisteva l’Istituto Nazionale di Geofisica (ING) che si occupava soprattutto della sorveglianza sismica; il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) aveva attivo il Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT), costituito da docenti universitari e ricercatori di CNR e l’allora Osservatorio Geofisico Sperimentale (OGS, divenuto poi INOGS) che avevano formato nelle diverse sedi gruppi di giovani ricercatori a contratto; infine, come servizio tecnico statale, a Roma esisteva il Servizio Sismico.
Negli anni successivi, il Servizio Sismico è confluito nel Dipartimento della Protezione Civile, mentre dalla fusione dell’ING con alcuni istituti del CNR nasceva nel 2001 l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nel quale è poi confluito il personale precario del GNDT.
Durante l’emergenza di Colfiorito il personale dei tre enti lavorava separatamente, ma per il rilievo macrosismico si decise di collaborare per avere un quadro degli effetti unico e condiviso.
In questo articolo ripercorriamo le tappe significative di quell’evento e del suo rilievo macrosismico attraverso i ricordi di chi ha partecipato a quella primissima e fondamentale esperienza di collaborazione dalla quale successivamente nacque il gruppo operativo QUEST.
Colfiorito e la sperimentazione della Scala Macrosismica EMS-98
di Andrea TertullianiNel 1992 fu pubblicata la prima versione della nuova Scala Macrosismica Europea (EMS-92, Grünthal, 1992), che avrebbe dovuto sostituire le scale fino allora in uso in Europa, la MSK e la MCS. La EMS rimase però per diversi anni in fase di sperimentazione in attesa di verifiche sul campo. La prima vera occasione di testarla concretamente arrivò con la sequenza sismica di Colfiorito. Nei primi giorni della sequenza tutte le realtà che si occupavano di rilievo macrosismico si erano attivate in autonomia: GNDT, ING, SSN, per produrre indagini indipendenti. Terminata questa fase, con la produzione di un campo macrosismico di consenso tra i vari gruppi (non senza attriti), compilato secondo la scala MCS , Max Stucchi – uno degli estensori della EMS – invitò a Macerata, presso l’Osservatorio Geofisico, un gruppo di rilevatori macrosismici per sperimentare direttamente l’utilizzo della nuova EMS-92.
L’idea fondamentale era che a testare la nuova scala fossero operatori esperti, provenienti da esperienze diverse e con differenti “correnti di pensiero”, in modo che la sinergia tra di loro producesse migliori risultati.
Il terremoto, purtroppo, si prestava bene a quel tipo di esperimento, con danni molto diffusi che avevano colpito edificati di varia tipologia ed estensione. Bisognava infatti verificare se i diagnostici della nuova scala leggessero correttamente tipologia e diffusione del danno. I sismologi coinvolti provenivano da diverse realtà della sismologia italiana, con la preziosa partecipazione di Ina Cecic del Servizio Geologico Sloveno. Per l’ING c’eravamo io eSergio Del Mese.
Andrea Tertulliani durante il rilievo della località di Forfi Quell’esperienza ebbe un impatto decisivo sui successivi sviluppi della macrosismologia, soprattutto in Italia. Il test della EMS-92 rappresentò la sperimentazione sul campo definitiva, che pose le basi per l’elaborazione finale della scala EMS-98. Il metodo di lavoro adottato – squadre che si alternavano nei rilievi, verifiche giornaliere sui dati raccolti e un intenso confronto sul nuovo approccio al rilievo macrosismico – si rivelò fondamentale per i futuri sviluppi della disciplina. Inoltre, la collaborazione sul terreno tra ricercatori appartenenti a enti diversi, portatori di esperienze e metodi talvolta contrastanti, si trasformò in un banco di prova cruciale per definire regole più condivise e uniformi nei rilievi macrosismici.
Andrea Tertulliani a San Martino Dal punto di vista scientifico, l’iniziativa fu un successo e, senza timore di esagerare, posso affermare che proprio allora furono poste le basi per la nascita dell’attuale gruppo di emergenza QUEST, che nei decenni successivi ha guidato i rilievi macrosismici di tutti i terremoti italiani.
Ma forse il risultato più prezioso di quell’esperienza fu la nascita di sinergie professionali e, soprattutto, di autentiche amicizie tra colleghi, saldate dal clima che si crea durante attività intense emotivamente e, possiamo dirlo anche rischiose. Grazie a quella prima, importante collaborazione “comunitaria”, la macrosismologia – che in quel periodo aveva perso parte della sua centralità – tornò gradualmente a occupare un ruolo fondamentale nell’ambito sismologico. Fu in quei momenti che iniziò a prendere forma l’attuale comunità macrosismologica dell’INGV, cresciuta enormemente a partire da quel piccolo nucleo iniziale.
Sergio Del Mese nel rilievo di Collecurti Infine non posso esimermi di ricordare con grande affetto anche due amici e colleghi che fecero parte di quella esperienza scientifica e che ci hanno lasciato prematuramente in tempi recenti, Marco Mucciarelli e Giancarlo Monachesi.
Quelle giornate lunghissime che battezzarono il primo rilievo “a scala nazionale”
di Raffaele AzzaroI terremoti di Colfiorito accaddero – all’improvviso come sempre – in un momento particolare della mia vita professionale. Erano anni di grande incertezza circa il futuro: avevo un contratto di ricercatore a tempo determinato del GNDT, all’epoca afferente al CNR, ma il gruppo stesso era in forte crisi, con frequenti cambi di presidenza e prospettive di “chiusura”.
La possibilità di partire per partecipare ad un rilievo macrosismico nelle aree devastate dalle due più forti scosse, rappresentò per me una vera e propria scarica di adrenalina. Nacque un coordinamento tra i colleghi precari del GNDT – Romano Camassi in primis – e Giancarlo Monachesi dell’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata (che collaborava con il GNDT) per la programmazione delle attività sul campo e della logistica necessaria. Partii con Fina Barbano, con cui già lavoravo da un po’ di anni.
Per essere al riparo dagli effetti poco piacevoli delle repliche, decidemmo di alloggiare a Macerata; ero in un albergo del centro storico, e la notte mi svegliavo frequentemente per degli scuotimenti non proprio trascurabili… la struttura oscillava vistosamente, o perlomeno questa era la mia impressione.
La mattina ci sobbarcavamo trasferimenti di un’ora, nel migliore dei casi, per raggiungere l’area epicentrale; spesso ero in auto con Giancarlo Monachesi, che alla tensione determinata dagli eventi sismici aggiungeva quella indotta dalla sua guida, per così dire, brillante.
Foto di gruppo dei rilevatori degli effetti macrosismici. Da sinistra: Fina Barbano, Gianni Morelli, Ilaria Leschiutta, Caterina Carocci, Raffaele Azzaro, Romano Camassi, Carlo Meletti Il rilievo macrosismico era per lo più focalizzato sui centri abitati più piccoli, dove poteva essere più semplice tenere il conto delle tipologie costruttive e dei relativi danni. Ricordo che fui molto colpito dalla estensione dell’area con danni gravi, e dai crolli così diffusi in alcuni centri storici; una realtà ben diversa da quella a cui ero abituato con i terremoti etnei, i cui effetti si esaurivano su brevi distanze epicentrali. E poi, come dimenticare il terremoto di M5 avvertito nel piazzale di un distributore all’ingresso di Colfiorito? Gli alberelli oscillavano paurosamente e si vedeva il treno d’onda propagarsi sull’asfalto, come un tappeto sbattuto!
Il rientro cominciava al tramonto, quando la luce non consentiva più di lavorare. Si tornava veramente stanchi… ma non era finita lì! Dopo cena si ricominciava, c’era la parte di analisi dei dati. Ci riunivamo all’Osservatorio Geofisico di Macerata e, sotto la “direzione” di Max Stucchi, ci si confrontava per l’assegnazione delle intensità, compilando lunghe tabelle. Si staccava tardissimo, non prima però di aver fatto il programma per la giornata successiva, e la composizione delle squadre.
Al lavoro nella sede dell’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata dopo una giornata sul campo. Da sinistra: Sergio Del Mese, Andrea Tertulliani, Raffaele Azzaro, Carlo Meletti. Oltre al gruppo dei precari GNDT, per me furono i primi contatti con i colleghi dell’ING – Andrea Tertulliani e Sergio del Mese – e di alcune università. Ricordo un clima sereno e costruttivo; iniziava, seppur timidamente, quella collaborazione che avrebbe portato all’istituzione di QUEST in seno all’INGV, non troppi anni dopo.
L’esperienza della sequenza sismica dell’Umbria-Marche del ’97 mi ha fatto diventare grande e, soprattutto, ha segnato l’inizio di un rapporto di amicizia, stima e collaborazione con molti dei presenti, sodalizio che ancora oggi ci accomuna.
Raffaele Azzaro e Gianni Morelli durante il rilievo macrosismico Un battesimo del fuoco!
di Ilaria LeschiuttaFu anche per me una prima volta.Mi ero appena trasferita da Roma a Milano per una borsa di studio del GNDT. Avrei preso servizio dopo qualche giorno, ma ero andata prima per conoscere l’ambiente e i nuovi colleghi.
Mi trovai in mezzo ad una situazione di grande agitazione perché neanche 24 ore prima c’era stato il terremoto di Colfiorito: già si contavano i morti e i danni, le repliche erano forti e continue.
Il responsabile della borsa di studio era Max Stucchi, che a bruciapelo di disse: “Noi stiamo andando nelle Marche. Tu vieni?”
Fui colta alla sprovvista e, per quanto totalmente impreparata a quello che avrei trovato, non potei che rispondere: “Sì, certo!”
Partii praticamente senza bagaglio (avevo con me il necessario per un paio di giorni a Milano) e dovetti chiedere aiuto alle colleghe Fina Barbano e Ina Cecic e farmi prestare un po’ tutto, come felpe e giaccone pesante, che comunque non servirono ad evitarmi un malanno.
Fu un’esperienza importante per la mia formazione e per il mio futuro di ricercatrice impegnata nella macrosismologia. E anche per stringere amicizie con tanti che ancora oggi sono miei colleghi.
Un autentico battesimo del fuoco!
Il più forte terremoto agli albori di Internet. Quando le comunicazioni viaggiavano con modem a 56k
di Carlo MelettiPer me, come per molti altri colleghi della mia generazione, è stata la prima attività sul campo dopo un forte terremoto. Ho partecipato alla campagna di rilievo macrosismico, quindi all’assegnazione dell’intensità degli effetti in ogni località.
Il primo impatto con l’area epicentrale fu drammatico. Ero arrivato circa una settimana dopo le prime forti scosse, alla guida del pulmino del Dipartimento di Scienze della Terra di Pisa. Arrivai a Colfiorito con il collega Romano Camassi , erano le 12; parcheggiammo al distributore del paese, una delle poche attività funzionanti. Feci in tempo a chiudere a chiave il pulmino che si verificò un terremoto di magnitudo 5; eravamo sopra l’epicentro e ancora mi ricordo il pulmino che saltava staccando le ruote da terra.
Un’esperienza molto forte, perché da un lato potevamo constatare l’impatto di un terremoto, cosa che finora avevamo soltanto visto nelle foto e sentito nei racconti, dall’altro ci siamo trovati a contatto con persone che avevano perso tutto e non capivano come potessimo avere un interesse scientifico della tragedia che li aveva colpiti.
Il rilievo all’interno dei paesi colpiti dal terremoto era spesso condotto in compagnia dei Vigili del Fuoco a causa del rischio di nuovi crolli e ci prestavano anche il loro casco (pesantissimo!) E’ stato anche il primo forte terremoto in Italia agli albori di internet, che inizialmente era diffuso soprattutto nell’ambito della ricerca scientifica. Ci fu quindi il modo di poter raccontare quasi in diretta cosa emergesse dal rilievo macrosismico, con le mappe che si aggiornavano ogni giorno, insieme a relazioni, immagini e dati. Oggi sembra banale raccontarlo, ma a quel tempo le comunicazioni avvenivano con modem a 56k:per i più giovani vuol dire 56.000 bit/secondo, per trasferire ad esempio un file di 1 Mega servivano 2 minuti e mezzo nel migliore dei casi, perché se si bloccava si doveva ricominciare; oggi, invece, con la fibra ottica si comunica a miliardi di bit al secondo! Inoltre non esistevano macchine fotografiche digitali quindi si scattavano le foto, si correva a farle stampare per poi scannerizzarle; i telefoni cellulari li avevano solo poche persone facoltose e le comunicazioni erano dunque molto difficili.
La pagina web del GNDT (https://emidius.mi.ingv.it/GNDT/T19970926/home.html) dove venivano aggiornate in tempo reale le informazioni fornite dai rilevatori sul campo. Fu un’esperienza intensa e importante anche sul piano personale. Quelle che fino a quel momento erano semplici conoscenze, divennero autentiche amicizie che perdurano a distanza di quasi 30 anni.
Colfiorito e un ‘topo d’archivio’ al telefono
di Viviana CastelliIl terremoto umbro-marchigiano del 1997/98 ebbe molti primati. La prima volta che in Italia si vedevano danni sismici in diretta TV. La prima volta che panico e ansia invadevano aree appena sfiorate o non sfiorate affatto dalle scosse, facendo impennare il consumo di tranquillanti. La prima volta del ‘turismo del terremoto’, che trasformava i paesi distrutti in meta di gite fuori porta ed era forse la prima avvisaglia di una deriva sociologica allora impensabile, quella che riduce i drammi più efferati a mero spettacolo cui si assiste dallo schermo dei cellulari.
Nel mio piccolo, fu una prima volta anche per me. Nel settembre 1997 ero al sesto anno di contratti a tempo determinato del GNDT e da una decina d’anni mi occupavo di ricerche storiche sui terremoti. Un lavoro che consisteva nell’impicciarsi delle vicende di persone e comunità lontane nel tempo e che si svolgeva in posti tranquilli: archivi, biblioteche e l’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Macerata, la “succursale marchigiana” del GNDT. Un prefabbricato lungo quanto il suo nome, all’estrema periferia ovest della città, dove la quiete regnava quasi sempre, tranne quando passavano l’autobus o il camion della nettezza urbana, puntualmente segnalati dalle registrazioni dei sismografi della Rete Sismica Marchigiana.
Poi arrivò la notte del 26 settembre, i pennini dei sismografi impazzirono e sembrava che non dovessero fermarsi più. Nel giro di poche ore l’Osservatorio si trasformò nel quartier generale della comunità sismologica italiana ed europea, richiamata nelle Marche centrali da un evento che, per molte ragioni, si annunciava come epocale.
Il mio mentore Giancarlo Monachesi si fece in quattro (senza contare le attività di ricerca) fungendo da padrone di casa, coordinatore, meccanico e autista di una squadra di volontari che comprendeva cattedratici e neolaureati, precari e professionisti che, pur di esserci, si erano messi in ferie.
In sede, a presidiare telefono e computer, io e un giovanissimo informatico, Henry Coppari.
Fu proprio mentre ero al telefono con una collega di Milano che capitò la seconda forte scossa del 26 settembre, quella che fece crollare la volta di San Francesco ad Assisi: l’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico ne ebbe così l’annuncio in diretta.
Poi cominciarono – destinate a non interrompersi per mesi e mesi – le telefonate dei privati cittadini. Quelli che, in città, nei dintorni, nelle Marche e nelle regioni dei dintorni sapevano, vagamente, che all’Osservatorio di Macerata c’era gente che studiava quegli strani fenomeni venuti a turbare il loro più o meno placido tran tran di vita. «Cos’è successo?». «Perché è successo?». «Quando finirà?». «Posso stare tranquilla?». «Finirà presto?». «Abito a Perugia, mi consiglia di andare altrove?». «Quante scosse avete registrato oggi?». «Mi può dire qualcosa?». «Ho paura, sono sola in casa». «Finirà?».
Voci sconosciute di esseri umani in cerca di un contatto umano, di un sostegno purchessia, anche quello – dilettantesco a dir poco – di un ‘topo d’archivio’ strappato alle sue care scartoffie e messo alle prese con un microcosmo vivo e scombussolato da agitazioni e incertezze, pretese irragionevoli e ragionevolissime paure, dai grandi drammi del terremoto e dai piccoli (ma pesantissimi) drammi della solitudine e della vecchiaia.
Tra una telefonata e l’altra, si mandava avanti anche l’attività corrente: la rassegna stampa, tra pile sempre più incombenti di quotidiani (furono buttati via anni dopo, quando lasciammo l’Osservatorio di Macerata per la prima “sede informale” INGV di Ancona); la caccia ai precedenti storici del terremoto in corso; la redazione, a passo di carica, di un rapporto tecnico aggiornato sulla sismicità maggiore dell’Appennino umbro-marchigiano che riuscimmo a completare in tempo per distribuirlo alla sessione straordinaria dedicata al terremoto dal Convegno GNGTS di quell’anno.
Ma la vera impresa fu rispondere a tutte quelle telefonate.
Ogni volta è la prima volta
di Romano CamassiIl 26 settembre 1997 non è stata la prima volta, infatti. Meno di un anno prima, il 15 ottobre 1996, il terremoto di Correggio e Bagnolo in Piano (Reggio Emilia), sentito fortissimo a Bologna, terremoto ‘esplorato’ insieme a un bel gruppo di bravissimi tecnici della Regione Emilia Romagna.
Di quella mattina, il 26 settembre 1997, non ricordo quasi nulla, mentre ricordo ogni dettaglio, comprese le ore prima, di altre prime volte: il 6 aprile 2009 dell’Aquila, con una forte scossa nel Forlivese la sera precedente, sentita anche a Bologna. E subito l’organizzazione che si mette in moto, un giro di telefonate e in poche ore siamo già al lavoro in area epicentrale. Così per l’Emilia del 2012 e poi per l’Italia Centrale del 2016.
Di quella prima volta, invece, solo il vago ricordo di un appuntamento ‘sindacale’ a Pisa, con cambio di programma in corsa e dirottamento, via Firenze, verso il Maceratese. Di quei primi giorni ricordo solo aneddoti futili. Per qualche notte, ad esempio, abbiamo dormito accampati in un appartamento a Macerata, con Marco Mucciarelli che si svegliava e ci svegliava in continuazione per ogni minima scossa. Per questo, due anni dopo, quando nell’agosto del ’99 siamo andati in Turchia insieme, la sera si facevano 200 km in macchina per andare a dormire a Bursa, il più lontano possibile dalla zona epicentrale. Nel 1997 io andai avanti per giorni senza avvertire nessuna scossa. Ma poi dopo l’esperienza della botta di M5 nel piazzale di un distributore a Colfiorito non ne perdevo una, sentivo anche le più piccole.
Non so precisamente in quale momento, ma avevo certamente parlato a Giancarlo Monachesi dell’esperienza di documentazione di un sito archeologico con la tecnica QuickTime Virtual Reality. E così è nata l’idea, in quelle prime notti frenetiche, di provare a fare lo stesso per alcuni siti danneggiati dal terremoto marchigiano. Il 29 settembre, tre giorni dopo la scossa principale, Luca Postpischl è arrivato a Macerata con tutta l’attrezzatura, e il giorno stesso abbiamo fatto le riprese ad Annifo, Arvello San Martino e Cesi e il 16 ottobre, dopo la forte scossa del 14 ottobre, le riprese a Sellano e Monte Santo.
Immagine a 360° dell’interno della chiesa di Annifo L’esplorazione virtuale dell’area epicentrale, costituita da scene panoramiche a 360 gradi multinodo, visualizzabili interattivamente in modo del tutto libero, sono diventate una delle sezioni più visitate del sito web. Al punto da ricevere numerose recensioni, la più prestigiosa delle quali sul numero del 22 ottobre del quotidiano parigino Le Monde.
L’articolo uscito su Le Monde: “Due sismologi propongono una visita ai paesi italiani colpiti dai terremoti” Questa idea, insieme alla possibilità di combinare nello stesso intervento di rilievo tecniche diverse (l’osservazione diretta, riprese panoramiche a 360 gradi, misure di microtremore con la tecnica di Nakamura), è diventata motivo di consolidamento di un curioso sodalizio con Giancarlo Monachesi e Marco Mucciarelli. Insieme di lì a poco, nell’aprile del ’98, abbiamo varcato il confine sloveno, documentando solitari gli effetti del terremoto di Bovec, e poi nell’agosto del ’99, la temeraria spedizione – io, Marco Mucciarelli e Rosaria Gallipoli, con Giancarlo coordinatore remoto – in Turchia, una settimana di rilievo di uno dei più forti terremoti degli ultimi decenni in area europea.
26 settembre ’97, 12 aprile ’98, 17 agosto ’99: tre prime volte che non si dimenticano.
Dedicato agli amici (e colleghi) che parteciparono a quell’esperienza e che nel frattempo ci hanno lasciato: Fabio Meloni, Giancarlo Monachesi, Marco Mucciarelli.
Licenza
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
- 25 Sep 2025 16:01 - La Notte Europea delle Ricercatrici e dei Ricercatori 2025
È tutto pronto per l’edizione 2025 della Notte Europea dei Ricercatori che domani, venerdì 26 settembre, animerà diverse città in tutta Italia con giochi, quiz, esperimenti, simulazioni, mostre, talk, trekking urbani e tante altre attività pensare per adulti e anche per bambini.
Grazie ai Progetti Europei SCIENZA INSIEME-NET, SHARPER, BRIGHT-NIGHT, SOCIETY reAGIAMO e STREETS, i ricercatori e le ricercatrici dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) racconteranno le meraviglie nascoste nelle Scienze della Terra, per un appassionante viaggio alla scoperta del nostro Pianeta.
In particolare, potrai calarti nel mondo dei terremoti e dei maremoti ad esempio scoprendo con story maps gli eventi passati in Italia e nel mondo, o vedendo con i tuoi occhi come le zolle tettoniche si muovono causando i terremoti, oppure potrai osservare come li registriamo attraverso una stazione sismica e come monitoriamo la microsismicità.
Scopri tutto il programma.
Guarda lo spot sui canali social dell’INGV.
Ti aspettiamo!
Vai alla notizia - 23 Sep 2025 14:43 - Installate le prime boe di alto mare che monitorano i maremoti nel Mar Mediterraneo
Un importante passo avanti per la mitigazione del rischio maremoto sulle nostre coste è stato compiuto grazie alla deposizione nel Mare Ionio di due boe di alto mare che rilevano l’arrivo in tempo reale di onde anomale. Si tratta delle prime boe per il monitoraggio degli tsunami nel Mar Mediterraneo. La campagna di deposizione si è svolta dal 9 al 17 settembre 2025 a cura del Centro Allerta Tsunami (CAT) dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), nell’ambito del Progetto MEET “Monitoring Earth’s Evolution and Tectonics”, finanziato dal PNRR.
L’operazione è stata condotta a bordo della nave Christos LVII, partita da Sagunto, in Spagna, e ha visto la partecipazione di tre tecnologi dell’INGV (Antonio Costanza, Andrea Di Benedetto e Francesco Macaluso), oltre all’equipaggio della nave e della Mediterráneo Señales Marítimas (MSM), società spagnola costruttrice delle boe.
In questo approfondimento vi raccontiamo l’importanza della missione e il funzionamento delle boe.
Un momento della campagna di deposizione delle boe per il monitoraggio degli tsunami nel Mar Mediterraneo Perché monitorare il Mar Mediterraneo?
Il Mar Mediterraneo è un mare semi-chiuso che comunica con l’Oceano Atlantico attraverso lo Stretto di Gibilterra e con l’Oceano Indiano attraverso il Canale di Suez. Il bacino è incastonato tra le coste dell’Europa meridionale, dell’Africa settentrionale e dell’Asia Anteriore. La sua forma attuale risente della lunga evoluzione geologica legata alla convergenza delle placche africana e araba con quella euroasiatica, complicata dalla presenza di diversi blocchi crostali o microplacche, come ad esempio quella adriatica. La deformazione dei margini di tali blocchi si manifesta con terremoti, la maggior parte dei quali avviene in mare o in prossimità delle coste. I più forti tra questi hanno il potenziale di generare dei maremoti.
Nel corso della sua storia il Mare Nostrum è stato interessato da maremoti importanti, alcuni dei quali hanno causato perdite di vite umane e ingenti danni lungo le coste. Il Mar Ionio, in particolare, è una delle zone più critiche a causa della presenza di importanti faglie attive collocate lungo l’arco ellenico, le isole ioniche e in prossimità delle coste italiane. Alcune di queste faglie hanno caratteristiche tali da essere potenziali sorgenti di tsunami.
Il Catalogo dei maremoti dell’area Euro- mediterranea EMTC conta circa 220 maremoti nel Mediterraneo dal 1600 a.C. fino ai nostri giorni, come ricostruito nella Storymaps “In viaggio tra i maremoti del Mar Mediterraneo”. Quasi il 90% dei maremoti riportati nel catalogo ha origine sismica, mentre altri sono stati generati da diversi tipi di sorgenti, come frane sottomarine, o legati ad attività vulcanica. Tra gli eventi di maggior rilievo, ricordiamo lo tsunami del 365 d.C. a Creta, o quello del 1908 generato dal terremoto nello Stretto di Messina, o ancora, in tempi più recenti, quello che ci fu in seguito alle frane sullo Stromboli nel 2002.
Ad oggi, lungo le coste del Mar Mediterraneo (entro i 50 km di distanza dal mare) si stima risiedono tra il 10 e il 12% della popolazione totale europea, circa 180 milioni di persone.
In Italia, nei comuni costieri – definiti come quelli con almeno il 50% della superficie entro i 10 km dal mare – vivono oltre 20 milioni di abitanti, un numero che cresce sensibilmente durante la stagione estiva grazie all’afflusso turistico. In caso di tsunami, le comunità costiere potrebbero essere colpite dal maremoto in tempi che si stimano possano variare tra i pochi secondi e i 30-40 minuti a seconda del luogo origine dell’evento. Ciononostante, la percezione del rischio tsunami, di chi vive in zona costiera – e in generale – della popolazione italiana è bassa, come dimostrano recenti indagini. Per questo sono importanti le azioni di prevenzione non strutturale per sensibilizzare i cittadini e renderli più consapevoli, come ad esempio la campagna nazionale Io non rischio, così come risulta centrale da parte delle autorità preposte alle azioni di monitoraggio migliorare il sistema di allertamento con strumenti rapidi ed efficaci.
Il Sistema di allertamento
Dal 2017 è attivo il Sistema nazionale di Allertamento per i Maremoti di origine sismica (SiAM), coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC) e composto dal Centro Allerta Tsunami dell’INGV e dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Il CAT, in particolare, svolge la funzione di Tsunami Service Provider (TSP) per l’area Euro-Mediterranea, fornendo l’allertamento a numerosi Paesi europei, africani e asiatici che si affacciano sul Mediterraneo, oltre che al DPC. Il CAT gestisce la catena di allerta nella fase detta Upstream, che comprende il monitoraggio dei fenomeni sismici e la trasmissione delle allerte al Dipartimento della Protezione Civile che, a sua volta, ha il compito di diffondere l’allerta.
Il Sistema si serve di una rete di sensori che registrano le onde sismiche e di mareografi che rilevano le variazioni del livello del mare. La Rete Mareografica Italiana, gestita dall’ISPRA si compone attualmente di 41 mareografi posizionati in vari porti italiani. Il monitoraggio degli tsunami, avviene inizialmente analizzando i parametri dei terremoti, quali la magnitudo, la profondità e la distanza dalla costa e successivamente analizzando i segnali mareografici.
Tuttavia, un sistema basato soltanto su questi strumenti consente di confermare la generazione di uno tsunami solo quando quest’ultimo ha già raggiunto la costa.
Monitoraggio più efficace con strumenti più rapidi
Per migliorare il Sistema e renderlo più veloce ed efficace, da tempo un gruppo di ricercatori e tecnologi dell’INGV è impegnato nello studio degli tsunami e delle tecniche di monitoraggio marino. Si inseriscono in questo percorso la progettazione, la realizzazione e la campagna di deposizione delle prime due boe di mare profondo al largo del Mar Ionio. La prima è stata posizionata a circa 100 km a est della costa orientale della Sicilia ad una profondità di ca. 3200 m, mentre la seconda a circa 100 km a est della Calabria ad una profondità di ca. 2600 m. Entrambe le boe si trovano a circa 100 km di distanza dalla costa e sono state posizionate in punti strategici, individuati in seguito ad uno studio che tiene conto della pericolosità associata agli tsunami nell’area, la modellazione numerica di ca. 200k scenari di tsunami e il tempo che intercorre tra l’occorrenza di un ipotetico evento sismico e l’osservazione in un punto dello tsunami eventualmente generato.
Sensore acustico. Un momento delle operazioni di preparazione alla deposizione delle boe in mare Vediamo come funzionano. A ciascuna delle due boe, ancorate al fondale, sono stati collegati due sensori che misurano la pressione esercitata dalla colonna d’acqua sovrastante e possono essere collocati a migliaia di metri sotto il livello del mare, come nel nostro caso. Le boe ricevono i dati dai sensori tramite un link (modem) acustico e li trasmettono via satellite al Centro Allerta Tsunami dell’INGV. I sensori di pressione assoluta sono in grado di rilevare variazioni dell’altezza della colonna d’acqua soprastante di qualche centimetro, riuscendo a discriminare tra onde dovute al vento, maree e onde di possibili tsunami. In caso di tsunami, i sensori di pressione iniziano a trasmettere i dati con una maggiore frequenza, per permettere una misurazione fedele delle onde di tsunami, aiutando il “forecasting” in tempo reale e permettendo di ridurre il tempo necessario a confermare l’imminente arrivo di uno tsunami sulle nostre coste, o a cancellare l’allerta. Prima dell’integrazione nel sistema di monitoraggio del Centro Allerta Tsunami dell’INGV, i dati saranno sottoposti a una fase preliminare di test e verifica, finalizzata a garantirne l’affidabilità.
In questo video vi mostriamo alcuni momenti salienti della campagna di deposizione delle boe.
in collaborazione con il Centro Allerta Tsunami INGV
Licenza
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Vai alla notizia